Il 28 maggio 1974, in Piazza della Loggia a Brescia scoppiò una bomba, sotto i portici, durante una manifestazione di protesta indetta dai sindacati e dal comitato antifascista bresciano contro gli attentati che si susseguivano in Italia.
La bomba era stata messa dentro un cestino dei rifiuti, con un chilo di tritolo: otto persone morirono, centotrè rimasero ferite. Il boato si sentì a diversi chilometri di distanza.Subito dopo la strage, furono individuati come esecutori i componenti di un gruppo di destra bresciano, in seguito si aprirono altre piste, ma i processi che si avvicendarono dal 1974 al 1993 si sono conclusi con l’assoluzione degli imputati.
La strage di Brescia è rimasta un mistero.

Quel giorno pioveva.
Stavo andando a scuola, come ogni giorno scendevo in piazza del mercato e percorrevo i portici svelta, un po’ d’affanno per il passo sostenuto, occhiate di sfuggita ai negozi chiusi, qualcuno con la saracinesca abbassata, qualcuno con le luci spente.
Facevo quella strada tutti i giorni. Ma quella mattina la strada mi sembrava diversa. I portici erano animati, pieni di gente, e alcuni negozi erano aperti. Forse era questa la differenza, oppure era per via della giornata piovosa, il cielo antracite e il freddo, malgrado fosse il 28 maggio.
Mi sembrava così diverso quel percorso con tutta la gente che camminava . Andavano tutti in una direzione.
Non mi ero neanche fermata a comprare la brioche, avevo fretta.
Dopo, molto tempo dopo, mi sono pentita di non essermi fermata a comperare la brioche e magari sedermi al bar, ordinare un cappuccio e lasciar correre i minuti e poi le ore.
Fermare il tempo in quel bar e impedire che accadesse,sul serio, quanto stava per accadere.
Ma non é così, non si può fermare mai niente, di certo non il tempo e quello che alcuni chiamano destino. Qui poi non c’entrava niente il destino, ma l’idea di qualcuno, un’idea capace di diventare azione e devastazione.
Man mano che mi avvicinavo alla piazza la folla aumentava, quasi non si vedeva la strada.
Parecchi stavano sotto il portico per difendersi dalla pioggia, perché invece degli ombrelli avevano delle bandiere.
Allora mi resi conto che tutta questa gente era qui per una manifestazione di protesta: “Brescia antifascista e partigiana” lessi di sfuggita su un volantino.
Io forse avevo la testa tra le nuvole e non facevo caso al telegiornale della sera, quando arrivavano quelle notizie di violenza e paura, una bomba alla stazione Termini di Roma a Gennaio, un’altra sulla linea ferroviaria ad Aprile e dieci giorni prima, il 10 maggio, a Milano, Bologna e Ancona, attentati e bombe.

Poi fu solo un attimo.
È successo tutto allora. Tutto insieme, accadde, tutto in un istante brevissimo.
Un colpo violento mi proietto verso il muro, il cuore mi si fermo per pochi secondi, poi riprese a battere come impazzito.
Sembrava l’esplosione di un immenso palloncino con un frastuono che faceva vibrare tutto, i muri, i vetri, i pavimenti.
Ero dentro un’enorme bolla d’aria e il rumore sì cristallizzava, si assottigliava, diventava puro, un unico sibilo incandescente che si trasmutava in un’eco e poi in un silenzio in cui i miei pensieri rimbombavano.
Non sentivo più niente.
Intorno a me grida e urla, lo capivo dalle bocche aperte, dai visi stravolti, dalle mani nei capelli. Le persone si aggrappavano le une alle altre con smorfie di paura e di dolore.
E alcuni scappavano, altri si attaccavano alle colonne del portico, come fosse arrivato un terremoto.
C’era fumo come nei film di guerra, quando esplodono le bombe.
Ma non era possibile, qui non c’era la guerra e non eravamo in un film. Eppure tutti piangevano, c’erano calcinacci per terra e polvere dappertutto, sui vestiti, sui capelli, nell’aria.

Quel giorno di Maggio, per me si fermarono i suoni, le voci e le canzoni. Quel giorno, ogni movimento si interruppe per la follia di qualcuno, ma nessuno ci sa ancora dire chi é stato.
Da quel giorno è come se percepissi i suoni con la loro ombra, e quest’ombra mi dice che ciò che udiamo è solo ciò che vogliamo sentire.
Perché tutto il resto è come dentro una grande bolla che gira nello spazio e cerca inutilmente di parlarci.
E per il nostro silenzio sordo, chiede giustizia.

Giulietta BANZI BAZOLI, anni 34
Livia BOTTARDI MILANI, anni 32
Clementina CALZARI TREBESCHI, anni 31
Alberto TREBESCHI, anni 37
Euplo NATALI, anni 69
Luigi PINTO, anni 25
Bartolomeo TALENTI, anni 56
Vittorio ZAMBARDA, anni 60

di Selene Marini

liberamente tratto dal libro Quel giorno pioveva di Paola Zannoner