Tra le vittime, otto cooperanti italiani, morti mentre aiutavano i meno fortunati

Sono otto le vittime italiane che hanno perso la vita nella sciagura aerea consumatasi, domenica 10 marzo poco dopo il decollo da Addis Abeba e diretto a Nairobi, in Kenya. Quasi tutte legate a delle ONG, appartenenti a quella società civile, valore aggiunto del nostro Paese, di cui – chissà perché – si prende coscienza solo in occasione di sequestri o di vicende tragiche e luttuose come questa. È il caso di sgombrare il campo da ogni genere di malinteso o pregiudizio nei loro confronti, non fosse altro perché queste anime, a differenza di certi benpensanti, hanno aiutato e aiutano davvero gli africani “a casa loro”, come scrive su Avvenire padre Giulio Albanese, missionario comboniano da sempre impegnato in Africa. “Stiamo parlando – prosegue padre Giulio – del valore aggiunto di un’Italia che si è fatta onore, in questi anni, nelle periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo, affermando la logica della solidarietà, in netta contrapposizione con la ‘globalizzazione dell’indifferenza’ tante volte, giustamente, stigmatizzata da papa Francesco”. Cooperanti come i coniugi Carlo Spini e Gabriella Vigiani, medico lui ed infermiera lei, viaggiavano in Africa, che era “la loro seconda famiglia”. “In una società segnata dagli egoismi, ringraziamo il cielo per averci fatto incontrare due persone che sono stati esempi di generosità cristiana e di dedizione al prossimo”. Riferisce mons. Giancarlo Rapaccini, parroco del Duomo di Sansepolcro, dove la coppia risiedeva, insieme ai figli che provati dal dolore si dicono sereni perché consapevoli che i loro genitori sono morti facendo ciò che amavano, ovvero aiutare l’altro sofferente. Sul volo insieme ai coniugi Spini c’era anche Paolo Dieci, direttore del Cisp, “Il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli”, Ong di ispirazione cattolica nata nel 1983 a Roma. Aveva dedicato la sua vita e i suoi studi a chi è meno protetto e più vulnerabile e si stavo recando in Somalia per una delle sue missioni di assistenza tecnica e valutazione.

C’è da chiedersi come mai la cooperazione internazionale abbia bisogno delle vittime per essere raccontata…