Per chi è vecchio come me non è difficile ricordare come, fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, per un giovane nato in A.C., fosse abbastanza normale maturare un impegno educativo verso i più giovani oppure passare all’impegno sociale nelle ACLI o nella CISL, o anche all’impegno politico nel partito della DEMOCRAZIA CRISTIANA.
Con la 1° Assemblea Nazionale (1970) della nuova Azione Cattolica, frutto dello Statuto di Vittorio Bachelet approvato da Paolo VI nel 1969, si afferma che “diamo inizio ad una nuova fase della vita della nostra Associazione” e, continua Bachelet, “il Concilio ha aiutato l’AC a ritrovare la sua funzione ed il suo compito essenzialmente religioso ed apostolico”. E’ quindi la “scelta religiosa” che qualifica l’AC che , continua Bachelet, “non vuol dire sottrarsi al faticoso e spesso impervio confronto con la realtà sociale e culturale, ma semmai indicativo di un metodo con il quale in tale realtà essa lavora. L’AC si propone dunque di aiutare i suoi soci a realizzare pienamente la loro vocazione cristiana nella vita quotidiana del mondo di oggi ”
Quindi senza dimenticare che il Concilio al n° 31 di LG afferma che “è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali ed ordinandole secondo Dio”, l’AC pone la sua attenzione sul tema del rinnovamento della Chiesa, facendo proprio “l’impegno religioso e missionario nei confronti del laici perché maturino una risposta di fede nel momento in cui le trasformazioni profonde della società ed il processo di secolarizzazione pongono all’uomo le domande ultime” (2° Assemblea Nazionale del 1973).
Oggi le trasformazioni degli anni ’70 si sono di gran lunga intensificate, sino a qualificarle come svolte epocali: la globalizzazione ela rivoluzione digitale hanno profondamente cambiato i punti di riferimento e la modalità di affrontare i problemi, aumentando la complessità e la difficoltà di orientarsi nella tempesta di informazioni non sempre facilmente intelleggibili.
In questa situazione Papa Francesco ci ha ricordato che oggi ”pensare ad un partito dei cattolici sarebbe un vivere nel secolo scorso”. Questo per il Papa non significa abbandonare l’impegno politico. Infatti, rivolgendosi all’AC in Piazza S. Pietro il 30 Aprile 2017 per la celebrazione del 150° di fondazione dell’AC, ha chiaramente espresso l’invito: “sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, -mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola! – attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale”
Sono certo che il Papa non ci vuole tutti nei palazzi della politica (locale o centrale) ma chiama tutti a mettersi in campo giocando i talenti che ciascuno ha avuto in dono per crescere culturalmente e per la realizzazione del bene comune partendo dal basso, nella vita quotidiana dei nostri territori.
Se oggi la nostra società occidentale è caratterizzata da un forte individualismo e da un pericoloso egoismo, misurabili anche dalla esplosione dei consumi letti a metro per valutare la propria felicità, è altrettanto vero che la politica sembra sempre in campagna elettorale e quindi i toni delle affermazioni, più ancora che dei contenuti, sembrano ubbidire alla necessità di sopraffare l’altro, molto spesso considerato un nemico da abbattere più che un avversario con il quale confrontarsi nella ricerca della migliore soluzione dei problemi. Le scelte politiche sono più slogan e ricette miracolistiche che non la ricerca del bene comune delle persone reali, della soluzione dei loro concreti problemi di vita.
In questa situazione è quindi urgente che le persone di buona volontà (che siano credenti o meno), ed a maggior ragione i soci di AC, devono veicolare nel tessuto sociale i valori della solidarietà, della gratuità e dell’accoglienza, superando il diffuso senso della chiusura, della paura e della dilagante indifferenza. Ciò significa mettere al primo posto nella formazione della persona il gusto per il pensiero, la necessità di qualificare la conoscenza della realtà per poter sviluppare uno sguardo critico fondato sul discernimento e non fidandosi di quanto viene diffuso dai social senza verificare l’oggettività e la veridicità delle informazioni spesso messe in rete ad arte.
La realtà è complessa e quindi dobbiamo imparare a non accontentarci di risposte semplicistiche o semplificanti, ma restare ancorati alla realtà cercando di dare il nome alle difficoltà come alle risorse, entrambi presenti nelle idee e nei comportamenti che vengono dalle varie parti.
Potremmo quindi individuare l’impegno politico dell’AC in quattro punti:
- Aiutare i propri soci e, quindi, anche le persone che si incontrano a sviluppare capacità di pensare, di capire, di interpretare i fatti senza abbandonarsi nelle mani di leader messianici o muscolari. Si tratta di acquisire uno stile che sviluppi la capacità di confrontarsi liberamente e pacatamente nella ricerca della collaborazione più che della competizione nella soluzione dei problemi.
- Nella prospettiva della “scelta religiosa”, aiutare le nostre comunità ecclesiali a rigenerare l’impegno del servizio al mondo. Un servizio umile e disinteressato orientato alla formazione e valorizzazione di coscienze laicali libere e responsabili.
- Un terzo impegno deve essere rivolto alla vicinanza agli amici che, per vocazione, si sentono chiamati ad un impegno politico diretto. Sono fratelli che devono trovare le porte della nostra Associazione sempre aperte ed accoglienti.
- Infine come Associazione dobbiamo aprire “luoghi”, da condividere con altre associazioni ecclesiali o civili, specialmente con quelle di volontariato, per dar vita ad iniziative (potremmo dire buone pratiche) che aiutino tutti a sviluppare la disponibilità a mettersi nella prospettiva del dialogo per lavorare in comune a favore di una “buona politica” capace di intercettare i problemi reali delle persone e specialmente degli ultimi.
Bruno Frugoni
editoriale di ACINotizie – dicembre 2018