Verso le elezioni Europee e le Amministrative di Domenica 26 Maggio:l’editoriale di Giuliana Sberna

Il 26 maggio 2019 si terrà l’election day, votando per le Europee e perle Amministrative.
Saremo chiamati ad eleggere il Parlamento Europeo e rinnovare 147 sindaci e consigli comunali in provincia di Brescia.
Votare o non votare? E se sì, per chi?
Nell’aprile del 2019 per l’Azione Cattolica si avvia il percorso assembleare che porterà al rinnovo delle cariche e dei responsabili associativi. Che senso ha dedicare tutta questa energia nel fissare delle regole sull’elezione e il funzionamento degli organismi di rappresentanza dell’associazione?
Di fronte a questi due eventi sorgono le domande di sempre, che, forse, oggi provocano uno smarrimento maggiore. Infatti, è sempre più evidente una sfiducia nei sistemi democratico-liberali e una maggiore simpatia
nella partecipazione diretta, anche a rischio di una certa improvvisazione.
La pretesa di una “democrazia immediata”, per cui la rete diventa sia luogo di azione sia strumento di formazione del consenso sia espressione di disagio, sembra avere messo in difficoltà la democrazia rappresentativa.
Uno dei punti di maggiore criticità che emergono in questo contesto riguarda i modi attraverso cui si attua l’esercizio democratico: una questione cruciale che sarebbe pericoloso sottovalutare o eludere. Si tratta invece di
una sfida da accogliere, che chiede in risposta testimonianze forti e libere.
Non è facile oggi ribadire il valore della partecipazione perché serpeggia insofferenza verso gli organismi di rappresentanza, ritenuti perdita di tempo o residuo del passato; forse si è fatta strada nelle nostre coscienze l’idea che è meglio che siano in pochi a decidere per tutti perché meno si è, meno confusione si fa.
In un contesto civile in cui forte è la tentazione di un’astensione rinunciataria, di una delega in bianco o, peggio, dell’affidarsi all’uomo della provvidenza, bisogna lanciare un segnale forte dimostrando che partecipare, secondo regole e rappresentanza, si può e si deve.
Creare le condizioni, incoraggiare e accompagnare le persone ad assumere un atteggiamento di responsabilità all’interno della società è condizione necessaria perché parole come “democrazia”, “società civile”, “bene
comune” non diventino suoni vuoti.
Oggi, come associazione e come adulti, in particolare verso le nuove generazioni, abbiamo il dovere di recuperare il valore della partecipazione, come espressione alta e fattiva di cittadinanza, che ci rende tutti responsabili
della vita della comunità. Una partecipazione che per agire ha l’intelligenza e il coraggio di darsi delle forme.
Ciò non significa scadere nel formalismo, ma superare l’odierna tendenza allo spontaneismo, che oscilla pericolosamente tra il pressapochismo e lo sterile agitarsi. Troppe volte il superamento delle forme regolate di rappresentanza e partecipazione non ha portato a maggiore libertà, quanto piuttosto a scelte arbitrarie, a forme
assembleari demagogiche, al governo del più forte o del più arrogante.
Nessuno vuole negare che parte della classe dirigente ha fortemente compromesso (e compromette?) la sua credibilità, ma questo non assolve chi le ha dato in qualche modo il suo consenso, chi ha semplicemente delegato, chi non ha creato un’alternativa affidabile e persuasiva. Ossia non assolve tutti noi.
Un martire della nostra democrazia, il presidente Vittorio Bachelet, diceva che il male si sconfigge solo con un’aggiunta di bene.
Oggi, più che mai, c’è urgente bisogno di un’aggiunta di partecipazione e di senso di appartenenza.
Quest’ultima, cantava qualcuno, significa “avere gli altri dentro di noi”.